Vernon Lee, “L’Arcadia” (Il Settecento in Italia)

This is a brief history, written almost a century after the event, of Corilla Olimpica (Maria Maddalena Morelli) and how she became poet laureate in Italy after numerous controversies and a secretive ceremony.

Performer Name:
Corilla
Performance Venue:
 
Performance Date:
 
Author:
Lee, Vernon
Date Written:
 
Language:
Italian
Publication Title:
Il Settecento in Italia: letteratura, teatro, musica
Article Title:
L’Arcadia
Page Numbers:
1:14-307
Additional Info:

 

Publisher:
Dumolard
Place of Publication:
Milan
Date Published:
1881

Text:

Il risorgimento d'Arcadia fu segnalato nel 1775 da un evento che oscurò non poco la gloria dell'Accademia e che la coperse di ridicolo. Se non i talenti, la riputazione di Perfetti era condivisa da una donna che diventò famosa sotto l'arcade nome di Corilla Olimpica. Maria Maddalena Morelli era nata a Pistola verso la metà del secolo; gli anni suoi primi dono avvolti nell'oscurità, sì che dal lirismo entusiastico de' suoi ammiratori alla vile scurrilità di chi la dileggiò, è impossibil trarre s'ella fosse stata un campione di virtù o precisamente l'opposto. Maritossi ad un gentiluomo spagnolo per nome Fernandez, il quale in un coi figli [sic], i nemici accusaron lei, fra l'altre malvagità, di avere infamemente abbandonati. Ma o che le iniquità sue non fosser provate, o che si mettessero in silenzio, in considerazione degli stupendi talenti di lei, noi la troviamo ovunque ricevuta, onorata, corteggiata nel modo più solenne, malgrado un sinistro ronzío di sprezzo da parte dei meno cortesi o dei più scrupolosi letterati. Ella ebbe parecchi inviti da Giuseppe II, dalla Repubblica di Venezia, dal Senato Bolognese. Clemente XIV, uomo austero pe' suoi tempi, le concesse nel modo più lusinghiero la facoltà di leggere libri proibiti dall'Inquisizione; tutti i più distinti stranieri, Orloff, il capo corso Paoli, il duca di Dorset, le prodigarono onoranze. I suoi ricevimenti erano affollati della società la più brillante, poiché oltre ai talenti suoi poetici era bella, benché losca, amabile, garbata. Sapeva anche di musica, e quando il dottor Burney andò in casa di lei a Firenze (1) la udì suonare il violino; fu graziosa in particolar modo a Mozart fanciullo, sul quale si compiacque scrivere un sonetto. Nel 1775 fu invitata a Roma dagli Arcadi compagni, e vi destò tale entusiasmo che il Senatore inviolle spontaneo il diploma di cittadinanza, e l'abate Gioachimo Pizzi, Custode Generale d'Arcadia, la incoronò in un'adunanza privata dell'Accademia. A questo primo divampare di ammirazione devesi anche un bel busto di Corilla, che uno scultore inglese, Cristoforo Hewetson, donò agli Arcadi, che il serbano ancora. Se vogliam da questo giudicare e da un ritratto di lei annerito, dove è figurata in veste di broccato bruno cosparso di fiori, Corilla Olimpica dev'essere stata allora vigorosa donna di trentacinque anni, bella, briosa intelligente, e al tempo stesso pesante e non fina di fattezze; era losca di un occhio, il quale dicevasi conquistasse immediatamente ognuno su cui ella posasse lo sguardo nell'ardore dell'improvvisare, e se dobbiam credere al pettegolezzo contemporaneo, Corilla si valeva non di rado di questa facoltà. È fatto però ch'ella fece girar la testa a molti in Roma destando in essi una qualsiasi pazzia, amore, ambizione avarizia, che servisse poi agli scopi suoi. Il giovin principe Gonzaga Castiglione (il principe Castelforte di questo originale quasi realistico di Corinna), un certo monsignor Mazzei, e più ch'altri il Custode Generale d'Arcaida Pizzi, mossero cielo e terra, pregarono, promisero, minacciarono, finché il papa acconsentì a concedere a Corilla la corona ch'era stata portata da Perfetti. Ma non eran più i tempi del regno solenne di Crescimbeni; il Custode Generale d'Arcadia non era più onnipotente sulle menti degli uomini, il papa non era infallibile nelle sue decisioni, non era più un poeta inspirato l'improvvisatore, alle cose più non si guardava coll'occhio grave e nello stile spassionato del 1725; l'incoronazione s'ebbe qual farsa o profanazione, gli arcadi quai pedanti e vanitosi, Corilla stessa un'impudente avventuriera, e, quel ch'è più, i romani sentironsi oltraggiati nei sentimenti, da questo impiego arbitrario e indegno di quanto pensavano esser nazionale ricompensa. I dubitevoli antecedenti di Corilla, la professione di lei teatrale, l'esagerazione, le tresche de' suoi partigiani, destarono lo sprezzo e lo sdegno pubblico; il facil motteggio del popolo romano eruppe in modi anche scurrili, e Pasquino, l'indomito difensore di un popolo oppresso ma non disanimato, annunciò che

Ordina e vuole Monsignor Mazzei
Che sia la Corilla cinta dell'alloro,
E che non le si tirin buccie né pomidoro
Sotto multa di bajocchi sei.

Altri epigrammi testificano che questa incoronazione, al par di quella di Baraballo, s'ebbe per una burla:

Venez-y, riez-en; et puis vous pourriez dire
Que tout cela n'a été fait que pour rire.

Pizzi e gli altri partigiani di Corilla sgominati, a quanto pare, da queste pasquinate e temendo forse che, non ostante la multa dei sei bajocchi avessero a correre il rischio di qualche scena spiacevole di giorno, decisero che la cerimonia dell'incoronazione si farebbe a mezzanotte; precauzione per altro che non riuscì in tutto, poiché, mentre Corilla s'avanzava a ricever la corona in Campidoglio, un pretino si fece strada fra gli astanti e le presentò una carta; visto che c'era del latino, la poetessa la passò al principe Gonzaga, il quale, pensando contenesse versi di complimento, lesse ad alata voce, accorgendosi poi, troppo tardi, ch'era un contesto di infami insulti. S'accelerò in fretta e in furia la cerimonia dell'incoronazione fra le acclamazioni degli entusiasti di Corilla e i partigiani di lei, fin contro il papa connivente, affisse per ogni canto di via, distribuite per ogni casa; s'accusava l'abate Pizzi di cabala per introdurre Corilla in un'adunanza dell'Arcadia con una corona che si voleva far passare per la corona del Campidoglio, di essere stato a ciò indotto dai donativi del principe Gonzaga, dal suo personale desiderio di fare per Corilla quel che Crescimbeni aveva fatto per Perfetti; svilita l'inconorazione quale illegale, volersi una punizione per chi l'aveva perpetrata. Il povero Pizzi, disperato, scrisse una lettera solenne al papa, il quale parve ratificasse il procedimento. Ma la maldicenza non tacque, né la satira; pubblicossi un lungo poema, non mal fatto, ma ella massima irriverenza, nel quale Corilla, sull'aria del Dies irae, lamentava il suo fato avverso, malediva a tutti gli inventori di corone capitoline, e invocava in ispecial modo la celeste vendetta sul malaugurato abate Pizzi:

Pizzi iniquo, maledetto,
Tua mercè già m'affretto
Al ferale cataletto.
Ah crudele! Ah scellerato!
M'ha ridotta in questo stato
D'avarizia il tuo peccato.
Tu sol fosti che inventasti
Nobiltà, corone e fasti,
Tu che mi scarificasti.
I miei vizii, i miei difetti,
Di canzoni e di sonetti
Oggi sono i soli oggetti.

Molta ammirazione, molta adulazione destò la Corilla. La Staël, che vedeva ogni cosa attraverso il suo carattere che tutto abbelliva e nobilitava, ne udì parlare negli ultimi anni, s'ingannò del tutto sul talento, la posizione, il trionfo di colei, l'ebbe sibilla raggiante, il genio personificato d'Italia e scrisse la sua Corinne. Questa misera Corilla Olimpica, abusata, pasquineggiata, diede origine, lei inconscia, ad un capolavoro, ma i romani che si ricordavano tuttora della scena in Campidoglio nel 1775, devono aver sorriso con malizia quando lessero il magnifico racconto dell'inconorazione di Corinna.

(1) Questa casa coll'iscrizione monumentale ma poco intelligibile del general Miolli: "Qui visse Corilla in secolo XVIII," sta sul canto di via della Forca, via che mena verso S. Lorenzo e via Cerretani. È interessante anche a motivo di Mozart che spesso vi fu ospite

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