“I Poeti improvvisatori” (L’Ape Italiana)

This is a critique of mediocre Italian improvisors who appropriate the work of established poets and present it to wealthy patrons. The author makes note that, while there are excellent improvisors, most will never demonstrate the talent of Homer.

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Performance Date:
 
Author:
 
Date Written:
1818
Language:
Italian
Publication Title:
L’Ape Italiana
Article Title:
I Poeti improvvisatori
Page Numbers:
162-166
Additional Info:
No. 2
Publisher:
 
Place of Publication:
Milan
Date Published:
1818

Text:

Già da lungo tempo io andava riflettendo alla maravigliosa abbondanza di Poeti improvvisatori che l'Italia suol produrre; ma poi, con molti d'essi famigliarmente trattando e fra le tazze frequentemente trovando la nuda verità, credo di poter asserire che la natura non ne è stata tanto feconda quanto taluni credono, siccome non è mai stata sommamente feconda di uomini eccellenti in ogni altra letteraria facoltà. Ammetterò di buon grado, pell'onore dell'Italia, che essa abbia sulle altre nazioni il singolare privilegio di produrre di questi poeti, i quali invasi da un Nume sanno all'improvviso, al comando di chi paga, afferrare il pugnale di Melpomene, imboccare la tromba d'Omero, pizzicare l'arpa Davidica, e nel giro di poche ore, i fisici fenomeni, l'ira d'Achille, le vicende degli Atridi, la Ninfa della selva, il mare irato e la dottrina degli astronomi, narrano, e descrivono in qualunque metro abbia lo spettatore voluto; e maestrevolmente e poeticamente nel tempo medesimo, favellano di tutte quelle dottrine, lo studio d'una sola delle quali esige fatica molta e sperienza lunga da tutti coloro che il cielo non si degnò di creare improvvisatori. L'Italia quasi tutta confessa d'aver posseduto e di possedere ancora non pochi di questi ingegni portentosi e se ne compiace; è le straniere nazioni non la contrastano appieno cotesto vanto; la mia debole mente non può concepire la frequenza di questo prodigio, ma non pretendo che la mia opinione valga a scemare in qualche parte una tale credenza. Posso non di meno asseverare che fra i moltissimi improvvisatori ed improvvisatrici, che velocemente trascorrono in tutte le direzioni questo nostro paese, e che volano di città in città, di castella in castella, di casa in casa, provveduti di pietose commendatizie, pochissimi soltatno fra essi hanno veduto la doppia cima del sacro monte. E se in molte classi della società rinvengonsi de' ciurmatori, tra i vaganti Poeti improvvisatori il numero de' giocolieri, è grandissimo. E questi sono i più intrepidi nel gloriarsi, e non di rado sono anche i più avventurati, e battono alla porta de' grandi, e da niuna ripulsa sgomentati, tanto ostinatamente bussano, che toccano la sola meta alla quale corrono, quella cioè d'avere lauta mensa, e doni non meritati.

Ombre onorate degli illustri Poeti che vegliaste e sudaste lungamente prima d'esporre alla luce quelle opere somme che i secoli non hanno potuto seppellire nell'obblio, fremete, gettate quell'alloro di che feste sinora così gran conto, ed arrossite d'aver abbisognato di lungo studio e di ostinate meditazioni, onde acquistare quella fama che l'invidia ha tanto amareggiato, e della quale solamente nella tomba tranquillamente godete. Si sale al tempio della Gloria per due vie: erraste nello scegliere quella ricoperta di spine; i Poeti improvvisatori non battono che quella sparsa di rose.

Padre dei poeti, Omero, tu pure traevi dalla poesia lo scarso pane che ti alimentava; ma tu eri veracemente poeta e non vantavi immenso sapere, nè ti accingevi a cantare all'improvviso qualunque tema in qualunque metro. I canti tuoi erano sublimi, il tuo stile, aguzzato da Apollo medesimo, incideva posatamente i portentosi tuoi versi, e quanto mendico andavi trascorrendo le vie, cantavi le opere tue, rendevi la Grecia attonita, e reggevi meschinamente i tuoi giorni, ma i canti tuoi erano maturi, studiati, ripuliti, non effimeri frutti di strana arditezza o male celati furti spacciati per opere tue. È vero che anche nei tempi tuoi ronzavano intorno agli alverari i vili insetti che divorano il mele delle api laboriose; i Parodi affamati prestavano orecchio attento ai sublimi tuoi canti, li imparavano, andavano ripetendoli di luogo in luogo, e talvolta allorchè tu giungevi in qualche terra e annunziavi le opere tue, erano le medesime già state udite in bocca d'altri, ed era meschino il tuo profitto. Ma la tua fama era intatta, intera era la tua gloria. Non osavano coloro vantarsi autori di ciò che non avevano composto. Questa infamia toccò in sorte ad età alla nostra più vicina, e Petrarca dovette lagnarsi dei Minestrieri di Provenza, i quali spacciavansi per autori de' di lui versi, li cantavano e ne ritraevano mercede.

Non dirò che ai tempi nostri giunga la sfacciataggine a segno tale che improvvisatori si valgano delle opere altrui palesemente ed intieramente: prevalse l'uso di mutilare, capovolgere, impastare squarci di varii autori, onde celare, per quanto è possibile, il furto; ma, a malgrado d'ogni cautela, la stampa, rendendo notissimi i buoni autori, non di rado si scopre la frode, ed i corvi rimangono spennacchiati. Coloro però, i quali, nemici della fatica e vogliosi di errare or qua or là, di null'altro provveduti che di moltissima baldanza, vollero viaggiare col nome di Poeti improvvisatori, seppero inventare nuove astuzie, e spesso avvolsero ne' loro lacci avvedutissime persone. Pochissimi sono i Gianni, le Bandettini; pochissimi sono gli Sgricci che in così giovane età abbiano tanta rinomanza. La compassione di qualche amico è spesso il solo modo di salute che un improvvisatore possiede: e questa compassione appunto perpetua la frode e disonora un'arte di che Italia va tanto fastosa.

Non parlerò de' Sibilloni: chiunque s'è alcun poco esercitato nel verseggiare non trova in essi difficoltà alcuna. La rima, sia strana, sia regolare, somministra le idee, e questa specie di comporre che rende estatici taluni, non viene da moltli reputata degna d'esame, non essendo che uno scherzo, uno sforzo momentaneo che appena nato è già morto.

Difficilissima cosa è quella di verseggiare all'improvviso, ed impiegare una retta distribuzione d'idee, scelta di termini e frasi convenienti al tema. L'arte dell'improvvisare è arte difficilissima, che pochissimi soltanto dovrebbero accingersi ad esercitare principalmente in questi tempi, in cui si è voluto che salisse sin dove l'origine sua parea le vietasse di salire.

Parmi d'avere tutto il diritto di credere che l'arte di declamare, o cantare, o recitare, e comporre nel momento medesimo versi convenienti all'argomento, coll'obbligo di svolgere nel corso di poche ore una varietà di temi, non sia cosa naturale, e che pochissimi possano essere da tanto. Che però non è possibile che i troppi i quali viaggiano col pomposo titolo di Poeti estemporanei o improvvisatori, non siano quasi tutti ciarlatani del Parnaso. Si rispettino i pochi che hanno vero merito; formino essi la delizia delle corti, l'ornametno delle conversazioni, la gloria dell'Italia. Un valoroso improvvisatore debb'essere a tutti caro; ma l'astuto intruso nel santuario de' vati, colui che di tutto va debitore alla sua sfacciataggine, ed all'altrui debolezza, sia smascherato, deriso e punito. Saranno allora meno frequenti le stucchevoli visite di costoro alle case de' grandi, e quell'oro che con importunità, e con ogni vil modo traggono ad essi di mano, verrà a vantaggio dei meritevoli assai meglio impiegato. La lettura d'un canto d'Omero, d'uno squarcio del Dante, d'una canzone del Petrarca, d'un capitolo del Berni, d'un dramma del Metastasio, ec. ec. diletteranno assai più della stridula voce, de' stiracchiati versi, e delle demoniache contorsioni d'un pseudo-poeta. Al giungere d'uno de' valenti si manifesterà l'avidità d'udirlo, e più non avverrà che un illustre ingegno, il quale viaggi modesto onde ritrarre il pane dai soli talenti suoi, trovi già mietuto quel campo dove sperava di fare buona ricolta, perchè un ignorante ardito sarà giunto prima di lui, avrà pregato e scongiurato sinchè avrà potuto divorare quanto non meritava.

La poesia improvvisa e bella ad un tempo, sarà sempre un prodigio, ed i prodigii non sono frequenti, nè si deve prestar facile credenza ai ciurmatori. Si usi gran severità coi cattivi improvvisatori, e s'incoraggiscano i buoni.

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