[“M.”], Review of Rime improvvisate dal conte Dionisio Salamon, Zacintio

A review of a volume of improvised Italian poetry by the Greek poet Salamon (Dionysios Solomos, 1798-1857), whom the author knew and admired as a young man in Italy. While complimenting Salamon’s talent, the author expresses reservations about the art of improvisation.

Performer Name:
Dionisio Salamon
Performance Venue:
 
Performance Date:
 
Author:
“M.”
Date Written:
1824
Language:
Italian
Publication Title:
Antologia. Giornale di scienze, lettere e arti
Article Title:
Rime improvvisate dal conte Dionisio Salamon, Zacintio — Corfù, dalla stamperia del governo, 1823 in 8vo
Page Numbers:
76-78
Additional Info:
vol. 14, no. 41, May 1824
Publisher:
G. P. Vieusseux
Place of Publication:
Firenze
Date Published:
1824

Text:

[76] Ho conosciuto, non sono molt'anni, il conte Salamon ancor giovinetto. Pochi fra' Greci venuti in Italia, quasi per richiamarne le Muse all'antica sede ond'erano fuggite, si mostravano al par di lui nati al loro culto. Egli parlava de' loro misteri col fuoco e la sapienza d'un vero adepto, e faceva talvolta (non però improvvisando) sentire agli amici il loro più nobile linguaggio.

Queste rime improvvisate, che l'editore chiama fra molt'altre ch'ei raccolse dalla mano stessa dell'autore (1) le più felici, appena mi ricordano il Salamon, con cui ebbi tanti e sì lunghi e sì piacevoli colloqui, ne' quali fra il suo talento e il suo senno poetico la mia ammirazione era sempre divisa.

Oh! egli aveva pur lette e considerate certe verità, che non inutilmente per l'Italia ci venne dichiardando (or saranno otto anni) sull'arte dell'improvvisare quel nostro Pietro Giordani, che quasi mai non tocca penna se non per dirci nel più efficace stile del mondo qualche non volgare verità (2). Perchè tornato a casa, ove, per quanto io so, il morbo degli improvvisi non è endemio come fu pocanzi fra noi, ha egli voluto scordarsene?

Non già ch'io non trovi nelle sue rime parecchie [77] virtù; chè queste rime, quali sono, certamente non potevano essere improvvisate se non da chi, pensando a suo agio, può dettarne di ottime. Ma dirò di lui quello che Giordani, se ben mi ricordo, scrivea d'un giovane assai celebre: esser egli tanto buono improvvisatore che mi spiace sia improvvisatore.

In verità io non so comprendere come il conte Salamon, il quale non mostrava compiacersi che di quei versi, per cui Virgili o è Virgilio, e Dante è Dante, si accontenti di darne in iscritto e molto più in stampa, di quei fiacchi o vuoti o mal trascinati, ch'egli, a cagion d'esempio, derideva nel Mazza; chè ne' poeti minori di questo non li degnava pure d'uno sguardo.

Veggo che nella dedicatoria ad Ugo Foscolo si parla di tradimento officioso, per cui parrebbe che le rime fossero pubblicate senza consenso dell'autore. Questo, se vuolsi, lo crederemo officiosamente riguardo alla prima edizione. La seconda probabilimente non si sarebbe fatta, se l'autore avesse gridato contro la prima.

L'editore pone in bocca all'autore questo giudizio: l'Italia non ha ora che due poeti, il Monti ed il Foscolo. Se mai tale giudizio può sembrare ad alcuni troppo esclusivo, prova però che il Salamon sente con dignità della nostra poesia. Or egli comprende assai bene ciò che in ogni tempo ha fatti grandi i nostri grandi poeti. Comprende cioè che come un gusto squisito è necessario alla perfezione de' poetici componimenti, un profondo sentimento (ed egli n'è capace) è necessario alla loro forza.

Ma crederemo noi che questo lo animasse, trattando gli argomenti delle sue rime (o trenta sonetti improvvisati) che abbiamo qui dinanzi? La risposta è nelle sue rime medesime.

Mi ha fatto gran meraviglia, non lo dissimulo, che sulle rive della bella zacinto, a cui Foscolo volgeva sull'ale de' suoi inni i caldi sospiri fino dai vaghi colli che [78] inghirlandano la bellissima Firenze; fra i porti frequentatissimi, i boschetti olezzanti e i fecondi vigneti, onde gli operosi abitatori dell'isola aspettano un succo avvivatore, e le amorose donzelle le lor nuziali ghirlande; in faccia al Peloponeso pieno d'antiche memorie e di novelle speranze; in seno a que' mari, che oggi più che mai ispirano al poeta pellegrino subilimi e commoventi pensieri; i concittadini del giovane improvvisatore altri argomenti non abbiano saputo proporgli, che quelli che empivano il vuoto delle nostre arcadiche adunanze, per non dire l'ozio delle nostre celle monastiche (3).

Salamon che pone ogni sua cura, come ci dice l'editore delle sue rime, nel formare la lingua greca moderna, sicchè per essa ha quasi abbandonata l'italiana, di cui più non usa che ne' versi estemporanei per far piacere all'amicizia, non è certamente straniero ai vivi affetti di cittadino, che sono forse il primo elemento della migliore poesia. Io credo fermamente che quando egli scrive per far piacere a sè stesso sia, così per la lingua che adopera, come pei temi in cui l'adopera, vero poeta nazionale.

M.

(1) Il quale non canta nè recita ma scrive stans pede in uno e senza mutar sillaba, sotto l'occhio delle brigate i suoi componimenti.

(2) Conosco un ottimo scrittore di prosa, di cui tutti i lettori della Biblioteca Italiana lodano la gravità e l'acume, il quale nella prima giovinezza improvvisava versi con molto estro; e commosso principalmente dalle parole del Giordani si adirò con sè stesse di questa sua abilità, nè più volle usarne. Tutte le ricchezze della poesia estemporanea non gli parvero forse d'allora in poi che brillanti miserie.

(3) Per tutta Europa la voce de' greci poeti è divenuta da qualche tempo voce di vaticinio o di lamento, espressione di nobili ricordanze e di voti generosi. E in Lombardia pure abbiamo uditi i canti d'un Corcirese che celebrava l'Imene (veggasi il Florilegio poetico stampato in Milano due anni sono) volgersi alla patria greca con quell'amore che amor di figlio e di fratello avanza, pregandole dal cielo propizii i destini, che or si vanno maturando, e non contro un tal voto.

Notes:

 
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