Alessandro Ademollo, “Un Generale francese amico delle muse in Italia”

Ademollo criticizes General Miollis for exploiting the reputation of Corilla Olimpica, expressing exaggerated and prejudiced enthusiasm for her talent in order to take revenge on Vittorio Alfieri. Ademollo expresses a negative judgment of Corilla Olimpica's improvised poetry and instead defends Bandettini’s art as well as her reputation in private and public life.

Performer Name:
Bandettini; Corilla; Gianni
Performance Venue:
 
Performance Date:
 
Author:
Ademollo, Alessandro
Date Written:
1885
Language:
Italian
Publication Title:
La domenica del fracassa
Article Title:
Un Generale francese amico delle muse in Italia
Page Numbers:
5:109
Additional Info:
 
Publisher:
 
Place of Publication:
Rome
Date Published:
1885

Text:

Il pedante Wagner nella sua Alfieriana (1) [sic] alla quale auguro sollecita continuazione, parlando del Generale Miollis disse che voleva pizzicar di letterato perché comandante in Firenze [sic]. No; i pizzicori letterari del General Miollis non nacquero per influsso fiorentino; erano di vecchia data e fino dalla sua venuta in Italia (1795) egli erasi meritato un brevetto d'onore del Cesarotti, che lo dichiarava adorabile servo di Marte, cortigiano della virtù e amico delle muse. Niun dubbio peraltro che le sgarbatezze dell'Alfieri, il quale non volle mai riceverlo, esacerbassero il pizzicore letterario del soldato a segno da spingerlo all'aberrazione. Fu difatti per vendicarsi del disprezzo alfieriano, che egli macchinò ed effettuò un'impresa piramidalmente ridicola: — l'apoteosi di Corilla Olimpica! Aveva cominciato la sua carriera di amico delle Muse in Italia con erigere a Pietole un obelisco in onore di Virgilio(2) e la finiva col metter in via della Forca a Firenze una lapide in onore di Maddalena Morelli. Quale scadimento! Il dispetto ne fa fare delle belle ai soldati amici delle Muse. Ed ahimè! La piramide di Pietole sparì presto, mentre la lapide di via della Forca esiste ancora.

Il conte Sesto Alessandro Francesco de Miollis, nato ad Aix nel 18 settembre 1759, aveva trentasei anni quando venne in Italia, Generale di Brigata. Dalla Lombardia e dal Veneto, dove fece la conoscenza del Cesarotti, del Bettinelli, della Giustina Renier-Michiel e di altri letterati d'ambo i sessi, il bollente Miollis dopo il Trattato di Campo-Formio passò nel Lucchese e in toscana, innamorato dell'Italia, delle lettere e delle donne italiane. Il Bettinelli doveva avergli senza dubbio parlato con entusiasmo di una improvvisatrice lucchese, la già celebre Teresa Bandettini, ch'egli aveva incoronata di sua mano nel giugno 1795. Posseggo una lettera autografa della poetessa, coi particolari della cerimonia: — "L'arcadica adunanza mantovana – essa scrive – è riuscita magnifica per ogni titolo; bellissimi pezzi di poesia furono recitati, tutti sull'argomento prefisso de' Giochi olimpici, e ben si vede che la buona e bella poesia regna più che in ogni altro luogo in Lombardia(3) nella quale sembra rifuggito il buon gusto; io in questa festa fui incoronata per mano del celebre Bettinelli come vincitrice del certame olimpico e gli applausi si rinnovarono." Il Miollis, appena entrato in Lucca, cercò e si dichiarò protettore della Bandettini, la quale però godeva le grazie anche degli altri due Generali francesi, come rilevasi da questa lettera di lei al cittadino Tribuno Giuseppe Antinori a Roma, in data 3 aprile 1799:

"Ho gradita, mio caro amico, la memoria che conservate di me, onde per corrispondere a questa vi dirò che io sono tranquillissima in mezzo alla rivoluzione della mia patria, avendo trovato ne' tre gentiluomini francesi Serurier, Miollis e la Four tre amici che mi ànno [sic] ricolmata di distinzioni; ora abbiamo al comando di questa piazza Miollis, questo ha per me tutti i riguardi, e non cede a nessuno nell'essermi veramente amico, però presentemente è a Livorno avendo egli fatta quella spedizione, ma si attende a momenti. Mi è stata pur anco promessa una gratificazione dal direttorio di Parigi a nome della nazione francese ed ho motivo di sperare che ben presto vedrò avverate queste promesse. Eccovi quanto posso dirvi di me, bramo di sentire le vostre nuove più recenti. I francesi seguitano a riportare delle vittorie, hanno riaperta la campagna con un esito non dissimile a quello che gli ha resi padroni dell'Italia. Addio, mio marito vi saluta, amatemi e credetemi // Vostra aff.ma amica "Amarilli" "

Teresa Bandettini, diventata Amarilli Etrusca per grazie dell'Arcadia che l'aveva festeggiata a Roma il 2 marzo 1794 collocandone l'effigie nel Serbatoio appositamente addobbato con un'Accademia nella quale lesse il suo bravo componimento anche l'abate Vincenzo Monti, contava appena trentasei anni quando la conobbe il Miollis e passava per bellissima. Il Miollis non si mostrava dunque di cattivo gusto – ma la poetessa era di una fedeltà coniugale a prova di bomba, non che di Generale francese.

L'hanno affermato tutti, cominciando da lei medesima, cha al marito morente ebbe il coraggio di dire: "intatta sono venuta tra le vostre braccia intatta vi rendo l'anello maritale".(4)

Bel caso!… Tanto più che la poetessa era stata per oltre dieci anni anche ballerina.

Tutto il contrario della Bandettini fu Maddalena Morelli, vulgo Corilla Olimpica, della quale sarebbe qui fuor di luogo il parlare. Molto, anzi troppo i contemporanei ed i posteri hanno detto di lei; resta ora a dire la verità; ma per dirla un articolo non basta, ci vuole un libro. Forse lo scriverò. Intanto contentiamoci di dare un cenno dell'apoteosi che a lei fece fare il generale Miollis, il quale la conobbe a Firenze quand'era già vecchia di oltre 73 anni e paralitica, e la visitò moribonda; circostanze che non bastarono a smorzare il suo entusiasmo. Venuta a morte la poetessa nel 9 novembre 1800, parve al generale che gli capitasse una buona occasione per dare sfogo alla propria mania letteraria e per fare un dispetto all'Alfieri. Ed ecco un manifesto dell'accademia fiorentina al popolo toscano (nientemeno!) annunzia per i 25 novembre la grande onoranza decretata dal Miollis a Corilla. Luogo della convocazione la grande sala della Biblioteca Magliabechiana addobbata a lutto con disegno del Wicar. Spiccava in mezzo agli addobbi questa iscrizione: La libertà ispirò i primi poeti. I ritratti d'Omero, Demostene, Aristotile, Cicerone, Virgilio, Dante, Tetrarca, Boccaccio, Machiavelli [sic] e per giunta quello di Giunio Bruto facevano corona alla poetessa effigiata in un busto di bronzo dorato (leggi gesso) posto sopra un grande sarcofago di granito (leggi carta-pesta); – "un genio alato, con una fiaccola ardente in testa, slanciatasi, qual divinità, sull'urna e coronava l'illustre donna." Così la Narrazione stampata a tamburo battente in foglio volante, nella quale è curioso leggere i particolari minutissimi del corteo e di tutta la cerimonia. Entrato il Miollis, fece un discorso che cominciava così:

"Qui, e spesso, furono ascoltati gli armonici suoni della Lira Corillina. Tace adesso. Il velo luttuoso che la copre ci dice che mai più si udiranno quelle note soavi, che tanto vi hanno incantato. Già prima di venire nella Terra Etrusca, ognuno animato dall'Amore del Bello, sapeva i pregi, che mai si sono potuti immaginare, se non allorquando si infondevano negli animi le inspirazioni di quell'estro, che tante volte vi ha rapita l'ammirazione".

Dalla Magliabechiana la pompa magna nella quale brillavano la Fantastici e la Bensi, il Cioni, il Collini, il Ferroni, i poeti Salomon Fiorentino e Cosimo Giotti, il Gonnella, il Lastri, il Lenci, il Lessi, Averardo e Ferdinando de Medici, gli abati Perini e Vecchi, il Rivacci ed il Sarchiani, si recò alla casa di via della Forca, sulla cui porta d'ingresso il Generale francese collocò il marmo che freddamente (secondo una felice espressione del suo discorso) diceva: Qui abitò Corilla nel secolo decimottavo.

Intanto i cannoni delle fortezze sparavano a tutto spiano per annunziare il compimento della cerimonia all'attonita città. E si capisce; ci volevano anche le cannonate, affinché il suono della cerimonia arrivasse alle orecchie dell'Alfieri, il quale avrebbe dovuto riderne, ed invece ne avrà pianto di mobilissima bile.

Ma non aggraviamo troppo la mano sopra il povero Miollis. La sua mania di diffondere i lumi,(5) ebbe a Firenze un felice ed utile svolgimento. Di notte tempo, nelle strade della città, vergini di qualsiasi lucignolo municipale, regnavano le tenebre. Fiat lux, intimò il Miollis, e la luce fu fatta, mediante la celebre istituzione dei monumentali lampioni, che per quasi mezzo secolo continuarono ad illuminare i fiorentini nelle loro ambulazioni notturne.

[…]

[…] Tornato Pio VII fece un bel ripulisti di tutti i marmi del povero Miollis. Credo ne sia sfuggito all'eccidio uno solo; e si trova a Tivoli, in un viuzzo che il Miollis fece aprire nel declivio silvestre per scendere alle grotte di Nettuno e delle Sirene. Forse è quella l'unica memoria rimasta di lui in Italia, poiché anche i monumentali lampioni a olio illuminatori di Firenze dovettero sparire, come l'obelisco di Pietole e la colonna di Mantova, per cedere il posto alle fiaccole del gas. Sbaglio – resta l'edizione bodoniana di Virgilio – ma chi ne sa nulla?

(1) Domenica del Fracassa, Anno I, n. 1

(2) Nel 1798 fece fare l'edizione bodoniana di Virgilio. A Pietole che Dante disse nomata più che villa mantovana, oltre l'obelisco eresse un bizzarro tempio d'Apollo adorno di statue già effigie di Santi trasformate in deità mitologiche. S. Cristofano diventò Caronte; la Maddalena, Venere; Sant'Orsola, Minerva, e via di seguito! Per provvedimento del Miollis la piazza Virgiliana di Mantova diventò luogo di passeggiata con colonna e busto di Virgilio.

Ordinò inoltre che la villa di Pietole fosse in perpetuo esente da ogni contribuzione; assegnò all'Accademia, che volle si chiamasse Virgiliana, un fondo di 300 mila lire milanesi; ed il 15 ottobre 1707 fece celebrare l'anniversario della nascita di Virgilio in modo solennissimo.-Tornata Mantova sotto l'Austria, tutto sparì cominciando dalla Piramide di Pietole.

(3) La Bandettini scrive ad un'Eccellenza milanese (Lodi, 22 Giugno 1795), che non so chi sia.

(4) L'improvvisatore Gianni scriveva da Firenze nel 16 aprile 1796 al prof. Sarti di Pisa (inedita): "…La Bandettini è affatto caduta in Roma: io le ho fatto dare de' temi ove il zibaldone non poteva aver uogo ed è smascherata; ti potrei accludere molte lettere dello storico degli Improvvisatori (il Cancellieri), ma basti l'ultima e mostra ancor questa ai panegiristi bandettiniani; vi troverai ancor un'ode fatta da questa falsa ispirata contro i lucchesi perché non l'hanno pensionata".

(5) Nel suo discorso aveva detto: – "Ho chiesto la ristaurazione [sic] di tutti quelli stabilimenti che diffondono i lumi."

Notes:

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