[T.C.], “Teatro de’ Filodrammatici. Versi estemporanei del sig. Tommaso Sgricci”

The author reports that after a first successful — but controversial — performance in Milan at the Teatro de' Filodrammatici, Sgricci improvised a second time and gained great acclaim for the tragedy “La morte di Cleopatra.” His improvised verse is praised for its rhetoric and the purity of the language, qualities that the author claims were unknown to previous extempore poets.

Performer Name:
Sgricci
Performance Venue:
Milan
Performance Date:
1817
Author:
T.C.
Date Written:
1817
Language:
Italian
Publication Title:
Lo Spettatore, parte italiana (VII)
Article Title:
Teatro de’ Filodrammatici. Versi estemporanei del sig. Tommaso Sgricci.
Page Numbers:
7:91-92
Additional Info:
 
Publisher:
 
Place of Publication:
Milan
Date Published:
1817

Text:

Il Teatro de' Filodrammatici è un tempio dove Melpomene e Talia sono onorate di non venduto ed osservabile culto; o per favellar senza figure, esso è un luogo da cui la buona tragedia e la buona commedia non sono ancora sbandite, e in cui il così detto dramma ora lugubre si presenta ed or lagrimoso, ma non mai accompagnato dalle sconcezze e dagli orrori che lo deturpano altrove.

Era ben dritto che su quest'arena scendesse il sig. Sgricci a far esperimento di sè; egli che con insolito ed audacissimo esempio imprese di trattare all'improvviso il coturno. Sceltissima era l'udienza, da' gentili inviti degli accademici accolta, e vivissima l'aspettazione. Mossi dalla gravità del cimento e dai diversi consigli, parteggiavano gli animi; e chi vantava gli allori colti dal giovan poeta sul Tebro e le corone prestategli al Campidoglio, e chi asseriva mal sostenuto il cimento alla Scala, o traeva in campo sfavorevoli interpretazioni. Qui determinata era ogni cosa con si scrupolose norme, che nè il sospetto pure potea insorgere di amichevole connivenza o di soccorrevole inganno. Per non felice ventura, strabocchevole fu la quantità de' temi nell'urna deposti, e la cura di trascriverli, numerarli, ecc., troppo largo tempo si prese. Gli alunni delle Muse male patiscon gl'indugj.

Si trassero finalmente le sorti, e per l'argomento da trattarsi in versi liberi uscì fuora il seguente…

E di questo passo noi seguivamo il sig. Sgricci nei tre temi da lui trattati, esponendo con ogni diligenza l'istorica vertà. Poscia venivamo con critica imparziale e per quanto da noi meglio di può, ragionata discutendo qual genere e qual porzione di lode al giovane poesia si convenga, sperando in questa guisa di fissar le opinioni ondeggianti e di accordar le discordi.

Ma essendo noi egualmente lontani e da quelli che tributar gli bramano divini onori, e dagli altri che vorrebbero farlo soggiacere al destino di Marsia, correvamo il rischio di spiacere ad entrambo le parti in pubblicando la discussione da noi con riposato e libero animo fatta. In tale perplessità, l'amicizia e la fortuna vennero in nostro aiuto, presentandoci un articolo steso da un egregio cultor delle lettere, in cui onoratamente si dà conto dello sperimento sostenuto dal sig. Sgricci al Teatro de' Filodrammatici. Noi siamo ben contenti di qui recarlo, persuasi che i nostri lettori si terranno per avvantaggiati del cambio. D.T.

Est Deus in nobis agitante calescimus illo: Pochi sono di certo quei poeti cui, parlando di sè, è dato il poter ripetere cotal verso. Nessuno però con più ragione, nè a miglior dritto del sig. Sgricci. Soverchio sarebbe ora il far parola del suo valore poetico: abbastanze ne hanno favellato finora Roma, e Bologna ultimamente che maravigliate andarono a gara nel tributare corone e premi al giovine poeta. La nostra Milano che va più a rilento di quelle due città, ove trattisi di dar fede a dei miracoli, parve incredula dapprima; e poscia alquanto restia a far eco ai ripetuti autorevoli plausi che da quelle sino a noi suonarono. La singolarità di un giovine, oltrepassante di poco il quarto lustro, il quale all'improvviso recita tragedie che reggerebbero alla più severa critica, over pur frutto fossero di meditazione lunghissima, non che alcuni malavventurati accidenti avvenuti la prima volta che sul Teatro della Scala ei fece prova di sè, poterono per avventura far palesare a taluno la non irragionevole dubbiezza intorno alla subitanea ispirazione della sua musa. Le persone tenere dello Sgricci, e dell'incremento del nome italiano, non che dei maligni, e gl'invidi ardevano del desiderio ch'egli si mostrasse in un secondo cimento, sperando gli uni e gli altri di vedere confermare quell'opinione che portavano intorno al di lui merito. E un secondo esperimento, dicevano tutti, esser necessario, onde vincere la non maligna dubitazione in alcuni, raffermare la credenza in altri, e far tacere la malignità in parecchi. La benemerita società de' Filodrammatici aderì, anzi prevenne il comune desiderio coll'invitare sulle scene del suo teatro il nostro poeta a novellamente dar prova di sè al cospetto del pubblico. Il nobile e decoroso apparecchio del palco scenico, la numerosa eletta adunanza invitata rendevano imponente lo spettacolo, e onore e lustro maggiore recavano ai ozi del Teatro. Con ingegnoso divisamento vennero da essi immaginati e posti ad effetto tutti i modi possibili, tanto per la regola da osservarsi nel dare i temi, quanto per l'esirazione di essi dall'urna, onde dileguare ogni sospetto, e togliere così ogni pretesto all'invidia. Ciò fatto, presentossi il poeta al pubblico. Il primo tema sortito fu Erostato, il secondo Il Diluvio Universale, il terzo per l'azione tragica La morte di Cleopatra. Duolmi non concedere i limiti a un articolo prescritti l'andar partitamente divisando i molti pregi che risplendevano nei subbitetti trattati. Per istringere il molto nel poco, e per non dilungarmi di troppo, anderò accennando così di corsa i principali.

Diede principio il poeta al 1 tema col dire gli effetti prodotti da un nobile desiderio di fama. Quindi narrate le gesta di Ercole, quindi descritto Achille che al nome di glroia abbandona l'amata Deidamia per andare in cerca della morte nei campi Troiani. Poetica oltre ogni dire fu l'apparizione della furia a Erostrato per incitarlo a portar le faci al tempio di Diana. L'apostrofe alla Dea, il tempio di essa, che crolla, furono passi che, per la somma loro … vinsero perfino gli animi dei più ritrosi. Non meno ammirata fu la descizione della notte fatta con Virgiliani colori.

L'ordine con che questo primo tema venne disposto, i pensieri, lo stile, i versi furono tali che maraviglia destarono in tutti. La sorprendente bellezza del primo tema fu per avventura cagione onde ecclissato alquanto rimanesse il secondo, tuttochè perfetto dal lato dello stile, e ridondante esso pure di moltissimi pregi. La Giustizia e la Pietà, che si presentano a Dio, l'una per eccitarlo a vendetta, l'altra a perdono; l'Iride, che nunzia di pace sparge di luce il cielo; Dio che siede sopra i nembi, e che col divin soffio muove le nubi procellose; la Navicella galleggiante sopra le acque, furono tratti luminosissimi e sublimi. —Ma eccoci all'azione tragica improvvisata, al più terribile, più audace e più glorioso cimento che tentato siasi mai da erun altro poeta. Durò un'ora e un quarto senza interruzione alcuna. O vogliasi por mente al disegno regolare di tale componimento in pochi minuti formato, o all'intreccio mirabilmente ordito, o alla catastrofe egregiamente sviluppata, o all'episodio di Arsame acconciamente inseritovi, fa d'uopo confessare nessun altro poeta essere mai giunto a tanto. I caratteri furono sempre sosteuti dal principio alla fine, principalmente quello di Cleopatra. Elevato e tragico lo stile; luminose e nitidamente espresse le sentenze. Felicissimo riesce il nostro poeta nel maneggiare gli affetti, parte essenzialissima della tragedia, e la sola in cui il grande Astigiano ha lasciato degli allori da cogliere. Passionatissima fu la scena di Cleopatra coi figli; patetica la preghiera che ella porge a Ottaviano raccomandandoglieli quai figli di Cesare. Ma insigne, e con mirabile artificio condotta fu la scena fra Cleopatra ed Arsame. L'ambizione di questa Regina di non cedere al suo nemico fece un mirabile contrasto col materno affetto. Lascio stare la sempre poetica elocuzione, la maestria dei versi sempre dignitosi, la lingua sempre purissima, pregi finora sconosciuti agli altri estemporanei poeti. Non posso però trapassare sotto il silenzio l'inno delle donzelle a Venere tutto pieno di venustà e spirante greca fragranza.

Per la maggior gloria della nostra bella Italia faccio voti io pure che altri stimolati da generosa brama sorgano ad emulare, e se possibil è, a superare questo poeta. Ma prima però di avventurarsi a si ardua ipresa consultino bene sé medesimi, e si rechino sempre innanzi quel precetto del Venosino, = Sumite materiam vestris, qui scribitis, aequam Viribus; et versate diu, quid ferre recusent, Quid valeant humeri. Altrimenti, a somiglianza di Fetonte, altro esempio non lasceranno che quello di uno sconsigliato e vano ardimento.

T.C.

Notes:

 

Collected by:
FB