- Performer Name:
- Performance Venue:
- Performance Date:
- Author:
- Croce, Benedetto
- Date Written:
- Language:
- Italian
- Publication Title:
- Conversazioni critiche
- Article Title:
- Problemi di letteratura italiana: la poesia estemporanea
- Page Numbers:
- X:218-222
- Additional Info:
- 2nd edition
- Publisher:
- Laterza
- Place of Publication:
- Bari
- Date Published:
- 1924
Text:
La poesia estemporanea ha avuto, finalmente, una speciale monografia per opera della signorina dottoressa Vitagliano (1), la quale giustamente pensa che il culto della poesia improvvisa, rigoglioso, ininterrotto e rappresentato da nomi celebri nel tempo che va dal principio del Settecento sino alla metà dell'Ottocento, sia da ricongiungere con la letteratura formalistica, imitativa, melodica e vuota dell'Arcadia, e poi con quella del volgare romanticismo. Ma appunto perciò mi sembra che essa avrebbe fatto bene a restringere la sua trattazione a quel secolo e mezzo di fioritura degli improvvisatori, da Bernardino Perfetti al Regaldi e alla Milli. I primi sei capitoletti del suo volume, che risalgono molto in su nei tempi, e cioè agli improvvisatori greci e romani, non solo sono assai poveri e troppo evidentemente prodotto di frettolosa compilazione, ma restano un fuor d'opera; e se l'autrice ha ben fatto ad escludere le poesie improvvisate che si debbono a poeti di meditazione (quasi non c'è poeta che non abbia, qualche volta, in momenti di buon umore, improvvisato), e se, non meno opportunamente, ha escluso la commedia improvvisata o dell'arte, avrebbe dovuto altresí trascurare l'apparire sporadico d'improvvisatori nei secoli antecedenti al decimottavo, o accennarvi, per quel tanto che fosse apparso necessario, in una breve introduzione. Certo, la radice psicologica della poesia estemporanea è sempre la stessa: ma la cosa non acquista una tal quale importanza storica se non quando si consolida in costumanza e forma tradizione, il che accadde in Italia dal 1700 al 1850.
Confesso che non saprei risolvermi ad assegnare valore estetico alla poesia estemporanea; e questo giudizio negativo è comprovato dai migliori saggi dei maggiori improvvisatori, che la Vitagliano viene offrendo. "Se (la poesia) è buona, la subitaneità le aumenta valore, perché anche la rapidità, la immediatezza sono doti non ispregiabili della mente umana" (p. 169). Neanche questo è vero; le temps ne fait rien à l'affaire, diceva Alceste: come il molto tempo impiegatovi non detrae valore a un'opera d'arte, così non gliel'accresce il poco. La ragione vera dell'ammirazione per la poesia improvvisa è detta dall'autrice stessa, qualche pagina dopo: "Si prova quasi l'illusione d'aver conosciuto piú da vicino l'estro, l'ispirazione poetica, e d'averla potuta toccare con mano" (p. 172). Dove "illusione" è da sottolineare. L'ammirazione per la poesia estemporanea nasce dal falso e triviale concetto, che confonde e identifica la geniale spontaneità con la cortezza del tempo impiegato nella produzione (quasi al modo stesso che Bernardo Davanzati, nella sua traduzione di Tacito, scambiava, com'è stato detto, l'esser breve con l'esser corto). Al volgo non entra in mente che la vera spontaneità e sincerità è di solito una lenta e faticosa acquisizione; e gli sembra perfino che coloro, che a lungo meditano l'espressione dei loro affetti e rimutano e correggono meticolosamente le loro poesie e le loro lettere, siano poco sinceri. Ma la spontaneità vera è un ripiegarsi sopra sé stessi per iscoprire il meglio di sé stessi; laddove l'improvvisazione è la forma rettorica e teatrale della spontaneità.
Sotto l'aspetto della patologia letteraria, la poesia estemporanea italiana è molto significante. Essa era cosa possibile solamente in un paese di vecchia letteratura; e sembrava quasi una reductio ad absurdum della poesia vuota e accademica della decadenza italiana. La poesia estemporanea (come ben nota l'autrice) si cinse di un'aureola simpatica nel periodo delle rivoluzioni e del risorgimento, allorché formò uno dei tanti strumenti della propaganda liberale e patriottica. Pure, lo strumento resta sempre deplorevole; quasi come sarebbe una propaganda patriottica fatta da donnine allegre, adornanti la loro procacità di nastri tricolori. Né vale ricordare che il mestiere dell'improvvisatore richiedeva tali sforzi cerebro-nervosi da produrre, dopo qualche tempo in chi lo esercitava, l'esaurimento, i mali cardiaci e i colpi apoplettici (pp. 174-176). Per l'appunto il medesimo accade ai clowns e ai funamboli: il che li rende certamente degni di compassione, ma non già rispettabili. È un bel segno di progresso che l'Italia abbia perduto ormai, da quasi cinquant'anni, questa sua "gloria", come è andata perdendo quella degli "avventurieri", che prima spargeva per tutto nel mondo, prodotto nazionale. Se qualche improvvisatore o improvvisatrice va ancora in giro, riceve ora non piú le corone d'alloro e i trionfi capitolini, ma le poco oneste accoglienze che si usano nei caffé-concerti ai tenori e ai baritoni sfiatati.
Non starò a notare qualche svista commessa dalla signorina Vitagliano nel corso del suo diligente lavoro, ma noterò qualche aggiunta; e, anzitutto, per la bibliografia, il Parnaso degli estemporanei che vide la luce in Napoli, tipografia Trani, 1828. Tra gl'improvvisatori conveniva non dimenticare Luigi Serio (1744-99), pel quale si veda un mio scritto (Profili e aneddoti settecenteschi (2), pp.245-52). Andava anche in giro improvvisando, sulla fine del Settecento, un Angelo Talassi, ferrarese (Teatri di Napoli, pirma ediz., pp. 619-20), che fu a lungo in Portogallo e scrisse un poema: L'Olmo. Sul Crudeli era da ricordare la monografia dello Sbigoli (Milano, 1884), e sul Fagiuoli quella del Baccini (Firenze, 1886): sullo Stratico, oltre i Mémorises del Casanova, l'opuscolo dell'Ademollo, Gian Domanico Stratico (Roma, 1883): sull'Ordine dei Cavalieri olimpici, creato da Corilla, i documenti da me rinvenuti (Profili, cit. pp. 129-132). Degli improvvisatori si parla molto nei libri stranieri, di viaggi in Italia, per es., nel Lalande, Voyage en Italie, V, 464-5, e nel Volkmann, Nachrichten, I, 642-3. Gaspare Mollo, dei duchi di Lusciano, fu autore di una famosa parodia dell'Alfieri, Socrate, e di una Scelta di poesie liriche (Parigi, 1831), intorno alla quale si legge un articolo nelle Opere inedite o rare del Monti (ediz. di Napoli, 1851, pp. 141-3). Pel secolo decimonono conveniva ricordare l'Angelica Palli (1798-1875), che improvvisava scene tragiche in italiano e in francese (si veda intorno a lei una nota del Martini, Epistolario di G. Giusti, I, 300). Della Beatrice di Pian degli Ontani discorrono a lungo Teresa Fieschi Ravaschieri, L'Abetone pistoiese (Napoli, 1880), e lo Zumbini in un articolo stampato in una strenna e ristampato nel periodico napoletano G.B. Basile, III, n. 4. Sul Quattromani si può consultare l'Ulloa, Pensées et souvenirs de la littér, du royaume de Naples, I, 124; dove anche è il nome di "un enfant merveilleux, di un fanciullo di nove anni, che improvvisava eleganti versi, Carlo Pace, che io ho conosciuto vecchio, e del quale scrissi un breve ricordo e pubblicai qualche verso in una strenna (v. ora Curiosità storiche, Napoli, 1921, pp.210-15). E forse un cenno avrebbero meritato gli aneddoti sugli improvvisatori, se non fossero di solito assai sboccati. Ne rammenterò uno che è invece gonfio di liberalismo e che io ho udito narrare nella mia fanciullezza: ne è protagonista Gabriele Rossetti, il quale, non so in quale cerimonia festiva della rivoluzione del 1820, si presentò, in pubblico cinto di sciabola; e avendo il nuovo arnese, pendente al fianco del poeta, suscitato qualche sorriso, egli rispose fieramente, improvvisando:
Questa spada, che a fianco mi pende,
fatta a foggia di pallida luna,
lavorata è da mastro Labruna,
atta a mieter le teste dei re!
Il Labruna era un assai stimato fabbricante napoletano di armi, di quei tempi.
(1) Adele Vitagliano, Storia della poesia estemporanea italiana dalle origini ai giorni nostri. (Roma: Loescher, 1905).
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